Backstage – Filippo Rossi e il teatro della discordia

Backstage – Filippo Rossi e il teatro della discordia

Backstage - Non c’è dubbio che un teatro serva e faccia bene. A Viterbo come a qualunque altra città. Anche se ce n’è già uno (ammesso che il capoluogo della Tuscia appartenga a questa categoria) o altri dieci. Un teatro è luogo di cultura, di aggregazione, di socializzazione: non c’è neppure bisogno di sottolinearlo.

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Non c’è dubbio che un teatro serva e faccia bene. A Viterbo come a qualunque altra città. Anche se ce n’è già uno (ammesso che il capoluogo della Tuscia appartenga a questa categoria) o altri dieci. Un teatro è luogo di cultura, di aggregazione, di socializzazione: non c’è neppure bisogno di sottolinearlo.

Ma la struttura del San Leonardo, “conquistata” della Fondazione Caffeina, rimessa a posto e ora “offerta” ai viterbesi sta rischiando di diventare la camera di (s)compensazione di risentimenti politici, di colpi bassi, di rivalse e di rivincite che nulla hanno a che fare evidentemente con gli scopi primari di un luogo siffatto.

Nessuno ha le chiavi della verità, sia chiaro. E nessuno può dunque scagliare evangelicamente la prima pietra. Ci sono colpe e mancanze da parte di tutti i contendenti. Ma è di tutta evidenza che la querelle nasce da una banalissima costatazione: il ruolo di Filippo Rossi. Da una parte padre fondatore di Caffeina Festival e dall’altra uomo politico. Con un peccato originale sulle spalle: per quattro anni circa, è stato membro autorevole e attivo della maggioranza di centrosinistra che dal 2013 amministra Viterbo (occupando personalmente lo scranno di presidente del Consiglio comunale, poltrona poi ceduta alla collega Maria Rita De Alexandris, anch’ella eletta nella lista Viva Viterbo, oltre alla significativa presenza in Giunta dell’assessore Giacomo Barelli) per poi passare all’opposizione.

Inevitabile, per dirla con Andreotti, che a pensar male si possa far peccato, ma con una forte probabilità di indovinare. Il riferimento è all’inaugurazione del Teatro Caffeina, interrotta e bloccata qualche settimana fa dalla Polizia Municipale per mancanza di tutti i necessari permessi. Niente da dire: le regole le devono rispettare tutti, tanto più se si tratta di situazioni che coinvolgono centinaia di persone.

Adesso, lo stesso Rossi si sfoga su Facebook chiedendosi ripetutamente “se ne vale davvero la pena”. Una lunga geremiade che si conclude con una risposta: sì, ne vale la pena perché vince “lo spirito guerresco che è in me”. Bene, se Filippo Rossi pensa di essere, volente o nolente, in guerra, sono problemi suoi. Ma forse farebbe bene a chiedersi se al fondo di questo “conflitto” c’è proprio la sua doppia posizione: operatore di spettacolo e cultura e politico (di maggioranza o di opposizione, non importa).

Molto probabilmente, tante questioni neppure sorgerebbero se nella prossima primavera l’ex portavoce di Fini facesse un passo indietro e si tirasse fuori dall’agone politico cittadino. Il che non significa non avere idee o non avere la possibilità di esporle, ma significa semplicemente che proprio la sua eventuale collocazione attiva nel prossimo Consiglio comunale sarà comunque fonte di polemiche e di prese di posizione. Che, alla fine, si ritorceranno contro le sue creature predilette: Caffeina (estiva e invernale) e, appunto, il teatro. Per carità, le precedenti considerazioni non hanno la pretesa di diventare un consiglio o – peggio ancora – un diktat. Sono semplicemente pensieri espressi ad alta voce. Perché comunque, al di là dello spirito guerresco, sia il Festival che il San Leonardo hanno il diritto (e il dovere) di continuare ad esistere e di migliorare la loro presenza cittadina. Perché Viterbo si cambia facendo, non richiudendosi in se stessi. E questo vale per tutti.

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