Backastage – Legge elettorale? Instabilità e nominati

Backastage – Legge elettorale? Instabilità e nominati

Homepage - Obiettivo fallito. Già, la speranza di una legge elettorale che permetta (come ha sempre sostenuto l'ex premier Renzi) di sapere già la sera della domenica delle elezioni chi ha vinto e chi ha perso, fallisce miseramente di fronte al ritorno ad un proporzionale che di fatto consegna l'Italia alla ingovernabilità.

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Obiettivo fallito. Già, la speranza di una legge elettorale che permetta (come ha sempre sostenuto l’ex premier Renzi) di sapere già la sera della domenica delle elezioni chi ha vinto e chi ha perso, fallisce miseramente di fronte al ritorno ad un proporzionale che di fatto consegna l’Italia alla ingovernabilità. Ad di là degli aspetti  tecnici e dei vari meccanismi tutt’altro che semplici che regolano la scelta effettuata (scheda chilometrica con parte proporzionale e parte proporzionale), c’è un dato di fatto incontrovertibile: oggi e molto probabilmente anche al momento delle politiche (che sia settembre, ottobre o febbraio alla scadenza naturale), il nostro Paese è diviso in tre grandi blocchi cosicché il futuro parlamento sarà costituito da tre grandi forze più o meno equivalenti: Pd, Cinquestelle e centrodestra. Il resto sarà sparpagliato tra i cespugli che supereranno la soglia del 5%.

La conseguenza è molto semplice: i pentastellati non hanno alcun intenzione di allearsi con chicchessia e quindi o saranno autosufficienti per andare al governo o faranno opposizione. Nella galassia del centrodestra, ad accordi di qualsivoglia genere non guardano né Fratelli d’Italia, né tanto meno la Lega; restano il gruppo di Forza Italia (chissà quanto numeroso) e i democratici (neppure compatto). Quindi una situazione di assoluto stallo che verosimilmente per arrivare ad un governo qualsivoglia dovrà partorire maggioranze eterogenee, abbastanza risicate e dunque soggette al massimo della instabilità.

Possibile che non si potesse fare di meglio? Domanda retorica e perfettamente inutile perché la risposta è molto semplice: si doveva fare meglio. Era indispensabile per l’Italia e i suoi cittadini, non per avvantaggiare questo o quello. Vien da chiedersi se viviamo in una società normale se per arrivare ad una soluzione tanto pasticciata, era necessario affidarsi alle votazioni on line degli attivisti Cinquestelle. Diecimila, ventimila, anche centomila persone hanno di fatto deciso per tutti. No, non è normale e nemmeno giusto. Soprattutto se si riflette con animo sgombro da preconcetti su alcune esperienze che funzionano: l’elezione del sindaco, ad esempio, avviene con un meccanismo ormai consolidato che garantisce rappresentatività alle forze politiche, maggioranza e stabilità per chi vince (al primo o al secondo turno, non importa). Ma anche i vari sistemi utilizzati nelle Regioni pur attraverso metodi differenti, producono il medesimo risultato: chi vince governa e ha i numeri per farlo. Era così difficile dividere l’Italia in collegi più piccoli per la Camera e più grandi per il Senato? Magari conservando un fetta di seggi da assegnare in modo proporzionale per garantire la rappresentatività anche alle forze minori. Si poteva discutere sul turno unico o sul doppio turno, ma il principio cardine doveva essere un sistema di tipo maggioritario.

Un’ultima considerazione: ci si è riempiti a lungo la bocca con la storia dei nominati. Beh, adesso il Parlamento sarà totalmente composto da persone scelte dai vertici dei partiti che decideranno la posizione in lista e quindi la maggiore o minore probabilità di entrare a Montecitorio o a Palazzo Madama. Il cittadino dovrà solamente segnare sulla scheda il partito senza possibilità di esprimere preferenze.

Complimenti a tutti, un risultato così scadente non sarebbe stato possibile neppure se a scrivere la legge elettorale fosse stata la tanto nominata (e tanto saggia) casalinga di Voghera.

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