Associazioni, una nuova prospettiva o l’ennesimo inganno?

Associazioni, una nuova prospettiva o l’ennesimo inganno?

Editoriali - L'ultima parola resta ai cittadini e al loro impegno nel territorio in cui vivono. Con la consapevolezza che l'era delle bocche chiuse dal pane marcio dei favori è storicamente terminata perché non più sostenibile. E che un futuro è possibile solo dandosi da fare.

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I territori hanno bisogno di luoghi dove si pensa, si progetta, si organizza il presente e prepara il futuro. A tutto questo dovrebbero assolvere le istituzioni incaricate dell’amministrazione. Purtroppo però viviamo in anni bui, di grande confusione e di piccoli personaggi. Spesso le istituzioni sono occupate da chi ha come unico assillo il mantenimento del potere.

E così la politica diventa poltronificio, scacchiere dove posizionare pedine, stipendi e strumento di scalata sociale. Il che non sarebbe neanche così schifoso se non quando la politica finisce per diventare solo questo. Giudicate voi se nella Tuscia e a Viterbo è accaduto e sta accadendo ciò.

Oggi abbiamo assistito alla nascita di un’associazione politico-culturale. A lanciarla Giulio Marini. Si tratta di un personaggio in ballo da decenni, un “vecchio trombone” della politica come lui stesso si è definito. Come andrà a finire questa strada che ha aperto dipenderà da lui e dalla gente che gli si siederà vicino. L’idea però è giusta, cavalca i tempi attuali e si pone come interessante possibile fermento nel panorama cittadino e provinciale.

Al tavolo come sempre accade un sacco di roba banale, ma anche qualche mente pensante. In chi ha amministrato in questi decenni recenti il territorio c’è sicuramente qualcosa di buono e di utile anche nel presente e nel futuro. Un discorso però ci ha incuriosito, lo ha tirato fuori Renzo Poleggi. E’ intervenuto sostenendo una sua posizione legittima che ci ha stimolato una serie di riflessioni. La parte che ci interessa suona così: “La gente è schifata dal termine politica, perché ha in mente quanto accaduto in questi anni e non ne vuole sentire parlare”.

Pensiero diffusissimo. Ma forse dovremmo iniziare a vedere le cose da una prospettiva diversa. La gente non è lontana dalla politica perché schifata ma perché è più comodo tirarsi fuori, sentirsi vittime delle colpe di altri e non provare mai a essere cittadini davvero. Essere cittadini infatti significa dedicare tempo alla gestione della cosa pubblica, pensare, magari anche investire risorse. Inoltre certa gente si è disinnamorata della politica perché oggi i vari uomini politici non sono più in grado di dispensare tanti favori. Quei tanti favori che sono “fioccati” negli anni passati creando posti di lavoro odiosamente inutili, i cui costi li dovranno pagare i nostri figli.

In questo senso l’idea di aprire associazioni e cercare di stimolare il confronto, l’incontro, la costruzione di spazi di decisione è “rivoluzionario” e sicuramente rappresenta una strada utile per i territori. Sempre che si riesca a resistere alla tentazione di ridurle a partiti con un diverso abito, dove l’unica cosa che finisce per contare è la lotta per il potere e il mantenimento delle posizioni. Che, a onor del vero, non è di per sé un male ma lo diventa quando è l’unica cosa che esiste.

L’ultima parola resta ai cittadini e al loro impegno nel territorio in cui vivono. Con la consapevolezza che l’era delle bocche chiuse dal pane marcio dei favori è storicamente terminata perché non più sostenibile. E che un futuro è possibile solo dandosi da fare.

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