Aliante della Tuscia – Quando i Lucumoni salvarono Roma dai Visigoti a suon di fulmini

Aliante della Tuscia – Quando i Lucumoni salvarono Roma dai Visigoti a suon di fulmini

Homepage - Osservare i fulmini e i comportamenti del tempo, osservare gli uccelli e studiare l’anatomia degli animali. Osservare i fenomeni naturali non per predire il futuro o per dominare la magia elementale, ma per conoscere quella cosa che, col tempo, avrebbe sempre di più rassomigliato alla moderna scienza.

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alianteQuesta settimana Aliante della Tuscia ci porta tra i misteri dei Lucumoni etruschi.

Aruspicina, avimanzia, interpretazione dei “segni”, arte fulgurale sono, a quanto pare secondo un luogo comune, classificati come tecniche di divinazione.

Quasi si trattasse di magia, o di elementi mitici legati alle civiltà, quella etrusca in particolare, queste arti divinatorie sono sempre state relegate a una sfera mitica, decisamente poco correlata alla realtà storica dei fatti.
Eppure sembrerebbe che furono dei Lucumoni etruschi a scacciare, nel 410 dopo Cristo, i Visigoti di Alarico, salvando quel che restava di Roma da uno dei molteplici assedi dei barbari. Secondo la leggenda, i Visigoti si videro piombare addosso una serie di catene di fulmini, invocati dalla sapienza fulgurale dei Lucumoni.

In seguito alla sottomissione, secoli prima, degli Etruschi, ad opera dei Romani, si era verificato un graduale quanto significativo percorso di integrazione. Fin dagli albori del suo Impero Roma era un melting pot di variegate civiltà e razze, tutte sottomesse, ma via via romanizzate. Pare che tra queste vi fossero anche gli Etruschi e che non solo molti di essi divennero consiglieri e collaboratori di numerosi Imperatori Romani, ma tramandarono a questi molte delle conoscenze in merito alla divinazione.

Nei fatti parrebbe improprio parlare di divinazione, soprattutto riguardo all’arte di interpretare le viscere degli animali e il volo degli uccelli. Sembrerebbe piuttosto una vera e propria scienza, o una forma primitiva, ma comunque fondata e fondabile, di approccio empirico.

L’approccio, sicuramente mitizzato nei secoli, aveva alla base un tentativo di conoscenza e controllo sul creato. Se il mito ha relegato questi primitivi approcci di studio empirico ai confini della magia, è perché di storie e di fantasia hanno sempre vissuto gli uomini. Quanto è certo è che si trattava di un vero e proprio approccio studio scientifico.

Osservare i fulmini e i comportamenti del tempo, osservare gli uccelli e studiare l’anatomia degli animali. Osservare i fenomeni naturali non per predire il futuro o per dominare la magia elementale, ma per conoscere quella cosa che, col tempo, avrebbe sempre di più rassomigliato alla moderna scienza.

La scienza, sacra e segreta, era conservata gelosamente da una ristretta cerchia di oligarchi, i Lucumoni, che si tramandavano i libri Tagetici. Ovviamente la logica era quella del controllo: la conoscenza è sempre stata potere e , grazie al potere e alla superstizione, si può fondare la base per la legittimità del dominio costituito. I Lucumoni erano temuti e rispettati poiché sapevano qualcosa in più rispetto agli altri e questo qualcosa era solo un loro appannaggio.

Il legame con la divinità, il contatto diretto con la magia, che simili approcci scientifici ebbero, fu funzionale alle logiche del comando. Era indispensabile che il potere avesse una credibilità e si fondasse su un qualcosa di esclusivo.
Secondo quello che credevano gli Etruschi il ciclo della vita umana si inseriva in un disegno divino. L’evoluzione e il ciclo della vita rispondevano all’ordine e alla legge cosmica che solo a pochi era dato il privilegio di conoscere, interpretare e prevedere.

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