Abolire il carcere è una proposta per la sicurezza: un incontro a Mammagialla con i detenuti

Abolire il carcere è una proposta per la sicurezza: un incontro a Mammagialla con i detenuti

Homepage - L’assioma dal quale parte il ragionamento, è la constatazione che il carcere oggi risponde più ad una sete di vendetta che di utilità sociale.

ADimensione Font+- Stampa

Valentina Calderone e Stefano Anastasia chiedono di abolire il carcere, per rispondere alla necessità di maggiore sicurezza dei cittadini. Potrebbe sembrare una provocazione, ma l’obiettivo, a lungo-lunghissimo termine i due (in realtà sono quattro) ce l’hanno davvero. Calderone e Anastasia sono gli autori del libro “Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini”, scritto a 8 mani insieme a Luigi Manconi e Federica Resta, presentato ieri pomeriggio presso la casa circondariale di Viterbo, di fronte ad un folto pubblico di detenuti e di liberi cittadini. Tra questi anche l’assessore alla cultura del comune di Viterbo Antonio Delli Iaconi. L’appuntamento, organizzato da Arci Viterbo e Arci Solidarietà chiude il Festival Resist 2016.

Due ore di dibattito nel quale sono intervenuti una ventina di carcerati di vari settori del carcere viterbese per dire la loro sulle proposte degli studiosi. L’assioma dal quale parte il ragionamento, è la constatazione che il carcere oggi serve più a persuadere che garantisca la sicurezza, che a garantirla veramente. “Il 70% di chi esce direttamente dal carcere, entro 5 anni ci torna. Mentre solo il 20% di chi esce da misure alternative fa lo stesso percorso”. Insomma, star dentro non fa bene a nessuno.

Il motivo? Perché star dentro non aiuta il reinserimento sociale, ci sono poche pratiche che portano alla rieducazione e quindi “star dentro” spesso è solo nocivo. Dal pubblico sono arrivate molte sollecitazioni. C’è chi chiede di poter essere reso “utile alla società” anche all’interno delle mura, chi lamenta le condizioni carcerarie italiane “peggio di quando stavo in Albania”, difficoltà nel comunicare con la famiglia con telefonate razionate a 10 minuti a settimana e incontri difficili. “Eppure – dicono – è garantito dalla legge il diritto alla corrispondenza”.

Il tema del diritto agli affetti è uno dei temi centrali. I detenuti, anche quelli comuni, sono lasciati soli e non gli è permesso mantenere rapporti costanti con la famiglia. “Siamo rimasti a cento anni fa – hanno detto i due autori – possono comunicare solo tramite posta, anche quelli che non hanno la censura della corrispondenza”.

E poi c’è chi accusa Calderone e Anastasia di essere “utopici” a volere l’abolizione del carcere. I due però replicano dicendo che puntano in alto, anche per sconfiggere la deriva “di chi vorrebbe che tutti i carcerati finissero con la palla al piede”. Insomma, un modo per cercare di ottenere qualcosa. E iniziare a parlare anche dei diritti dei detenuti è già qualcosa.

Foto Fisioterapy Center

Jooble La Fune