Gloria, il diario della costruzione (giorno 4)

Gloria, il diario della costruzione (giorno 4)

Diario di Gloria - L'occhio di Bruno Pagnanelli immortala la famiglia di Raffaele Ascenzi sul cantiere di costruzione di Gloria e la fermezza di Vincenzo Fiorillo.

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Quarta pagina di ‘Momenti di Gloria’, il diario con cui Bruno Pagnanelli racconta con foto e parole quanto sta accadendo al cantiere della Edilnolo dove un giorno dopo l’altro sta prendendo forma la nuova Macchina di Santa Rosa.

 

Il diario di Bruno Pagnanelli (giorno 4)

 
Arrivo tardi, come al solito. Un piccolo ritaglio di tempo mi consente comunque di bearmi nella brezza che accarezza l’ombra di fronte al capannone. Hanno quasi finito la giornata, sguardi e magliette raccontano il fuoco di un luglio come mai passato prima.
Alcuni bevono acqua, altri sono seduti sulle sedie di fronte l’ingresso, messi a “correntina”.

Franco, seminudo, continua a incollare fili e lampadine. Roberto come al solito, ha la sigaretta sull’angolo della bocca, con la cenere ancora attaccata e pendente, pronta a staccarsi al primo scossone. Ci sono i “carristi” di Viareggio, un gruppo di ragazzi che collaborano con la ditta per la creazione delle forme e dei personaggi di Gloria. Fra loro la ragazza spagnola con i dreadlocks, sta incollando giornali sulla struttura, per permettere la successiva verniciatura. Madida di sudore, ascolta musica e mi sorride.

Vincenzo, il boss, è l’unico con la camicia, l’unico che ha una parvenza di normalità. Si raccomanda, consiglia, telefona, guarda progetti, tocca materiali come se il tatto lo tranquillizzasse e si sporca la camicia ma sembra non curarsene. Dentro c’è Raffaele, l’architetto, colui che ha disegnato questa torre candida, da illuminare nella notte più buia e più sacra della città che amiamo. Parla con Franco “Papillon”, l’elettricista, che nel frattempo si è immerso in migliaia di fili dentro una struttura da completare.

A terra c’è una testimonianza di caos ordinato, un ossimoro che rende perfettamente l’idea. Raffaele mi riconosce subito, anche se non ci siamo mai incontrati prima d’ora. Abbiamo parlato sulla rete nell’ultimo periodo, abbiamo condiviso parole, ci presentiamo, una stretta di mano sincera e ci coccoliamo con i convenevoli di rito. Sono maledettamente in difficoltà: cazzo l’è alto! troppo alto!
Mi parla di Gloria.

Lo fa con voce pacata, misurando le parole. Gli riferisco la mia ammirazione e lui mi gratifica, entrando nel dettaglio, forse troppo, perché non riesco a stargli dietro. Mi parla di forme, di simmetrie, di carichi, di mezza sfera invisibile e di un segreto riferito alla statua della santa. Sono a bocca aperta. lo percepisco. Poi gli occhi gli si illuminano.

Tre caschetti castani si avvicinano, i suoi tre figli, accompagnati dalla moglie, in costume che tornano da una giornata al mare. La più piccola gli passa fra le gambe, gli altri corrono nel caldo del capannone fra i tralicci, i lumini, gli attrezzi, con le bocche sporche di gelato e un orsetto di pezza che li insegue attaccato alle loro mani.

Si alza il vento sul piazzale, i bambini si muovono come le foglie impazzite nei mulinelli d’aria, si rincorrono in folli girotondi, scappano e poi si fermano, sfiorano muri e sedie e all’improvviso cambiano direzione, in un vortice che prende vita e muta questo pezzo di mondo in un inno alla gioia in mezzo ad un mare di fatica. All’improvviso si ricompongono come sotto l’influsso di un ordine silenzioso, tornano fra le braccia del padre. Lui, tranquillo, li fa sedere sulle gambe, li prende fra le braccia e gli fa vedere quella torre che prende forma. Rubo delle foto. Le rubo davvero. Perché quel momento dovrebbe essere solo suo.

Torno a casa. Ripenso alla moglie che osservava discreta la sua famiglia, a Vincenzo, il boss in camicia che, a sua volta, scherzava con i suoi figli, alle chiacchiere tra colleghi che si cullavano nel fresco della sera con battute irripetibili. piccoli nuclei, grandi famiglie. Anche io sono fiero della mia me ne rendo conto in silenzio. E anche oggi ho l’impressione di aver visto qualcosa di magnifico. Sempre più convinto che né le immagini né le parole riusciranno mai a raccontarlo.

Foto Fisioterapy Center

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